Via Leogrande, i laboratori con gli studenti degli Istituti Superiori

Dalla parola al gesto. Dopo il laboratorio di “lettura ad alta voce” riservato ai docenti degli Istituti Superiori coinvolti nel progetto, avviati i laboratori teatrali con gli studenti di sette scuole di Taranto e provincia nell’ambito di “Via Leogrande”, percorso di ricerca e di conoscenza dell’opera di Alessandro Leogrande attraverso la promozione della lettura e dei libri, a cura della cooperativa teatrale Crest, d’intesa con Teatro Koreja, Libreria Dickens e Casa del Libro di Raffaele Mandese. I laboratori (Archita, Aristosseno, Cabrini, De Ruggeri, Liside, Maria Pia e Pitagora), e altri prossimi a partire, avranno occasione di raffrontarsi in due fasi successive del progetto: la prima, nel convegno di studi nazionale dedicato all’analisi critica dell’opera di Leogrande (18 maggio); la seconda, nella giornata “Via Leogrande”, l’evento di confronto finale (30 maggio, al TaTÀ).
Il romanzo/inchiesta “Il naufragio. Morte nel Mediterraneo” (Feltrinelli 2011, premio Ryszard Kapuściński e premio Paolo Volponi) è il fulcro del lavoro di tre Istituti scolastici, con il compito di approfondire ciascuno un aspetto e un momento diverso della tragedia raccontata, ossia il naufragio, nel marzo 1997, della Katër I Radës, una piccola motovedetta albanese stracarica di immigrati, speronata da una corvetta della Marina Militare italiana. In pochi minuti l’imbarcazione colò a picco nel Canale d’Otranto. I superstiti furono solo 34, i morti 57, in gran parte donne e bambini, 24 corpi non furono mai ritrovati.
Gli studenti del Liceo Archita lavorano a partire dalla situazione di guerra civile determinatasi in Albania all’indomani di un nuovo grave crac economico, che spinge migliaia di uomini, donne e bambini a partire verso le coste italiane in cerca della salvezza. Una motovedetta in disuso della marina albanese, la Katër I Radës, diventerà il mezzo per raggiungere l’Italia e… il sogno di una nuova vita.
Il laboratorio con gli studenti dell’Istituto Cabrini approfondisce il tema del viaggio. Il viaggio della speranza di tanti uomini, donne e bambini, che affrontano e sfidano l’incognita del viaggio verso l’Italia, che aveva intanto disposto il blocco navale temendo una nuova massiccia ondata di migranti dall’Albania. Nella notte del venerdì santo del 1997, la Sibilla, una corvetta della Marina Militare italiana, speronò la Katër I Radës, procurandone il naufragio. Alessandro Leogrande ha indagato a lungo sull’affondamento, incontrando i sopravvissuti e i parenti delle vittime, i militari, gli avvocati e ha girato per le città e i villaggi dell’Albania da cui sono partiti i migranti.
Gli studenti del Liceo Aristosseno si soffermano sul racconto del lunghissimo processo per accertare le responsabilità dell’accaduto. Le indagini vennero ostacolate e intralciate, alcune prove scomparvero o non furono mai recuperate. Alla fine, gli unici responsabili del disastro risultarono essere il comandante della Sibilla e l’uomo al timone della Katër I Radës. Oggi quel che rimane della sfortunata motovedetta albanese è diventato monumento nel porto di Otranto.
Intorno al libro di Alessandro Leogrande “La frontiera” (Feltrinelli, 2015) si sviluppano i laboratori degli Istituti Liside e Maria Pia. Un viaggio a ritroso, storico e insieme editoriale, alla scoperta delle motivazioni che spingono alla partenza, a farsi migranti affrontando consapevolmente quella sorta di “discesa agli inferi” che è il viaggio verso una possibilità di vita. C’è una linea immaginaria eppure realissima, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico e civilizzato, e il Sud, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico. È sul margine di questa frontiera che si gioca il “grande” gioco del mondo contemporaneo.
I laboratori degli Istituti Pitagora e De Ruggieri sono impegnati con il libro “Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud” (Feltrinelli, 2016), in cui Alessandro Leogrande scriveva dei nuovi braccianti nel Tavoliere delle Puglie: migliaia di stranieri che arrivano per la raccolta dei pomodori o di altri frutti della terra. I nuovi braccianti vivono in casolari diroccati o in baraccopoli, in condizioni igieniche, lavorative e salariali atroci, che sembravano scomparse. La loro esistenza viene afferrata e stritolata da un sistema agricolo arcaico e disumano. Diventano vittime dei caporali che, d’accordo con i proprietari terrieri della zona, li smistano in tutta la regione. Tra i “nuovi schiavi” che hanno provato a ribellarsi, molti sono scomparsi nel nulla. Altri sono morti in circostanze misteriose. Racconta un Sud in bilico tra arretratezza e modernità.