Venere e Adone (siamo della stessa mancanza di cui sono fatti i sogni)

Frammenti di immaginario che attraversano il mito nell’arte, declinando forme e sostanze. Per il cartellone Periferie, rassegna di teatro, sabato 23 marzo, alle ore 21 all’Auditorium TaTÀ di Taranto, in via Deledda ai Tamburi, in scena “Venere e Adone (siamo della stessa mancanza di cui son fatti i sogni)” di e con Roberto Latini, musiche e suono Gianluca Misiti, luci e direzione tecnica Max Mugnai, foto di scena Simone Cecchetti, produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi. Durata 60′. Biglietto intero 15 euro, ridotto 12 euro (under 25 e over 65): biglietti interi acquistabili anche online su vivaticket [qui]. Info e prenotazioni 333.2694897 attivo anche whatsapp.

In questo periodo complesso per i teatri, Roberto Latini ha scelto di rivolgersi allo stesso argomento che scelse Shakespeare quando nel 1593 i teatri a Londra furono chiusi per la peste: Venere e Adone. Un mito in cui il Bardo inglese ritrova il tema dell’amore terrestre e quello divino, tradotto nell’azione di disarmo di un destino ineluttabile. Non stupisce che questo racconto affascini così tanti artisti: tra quelli contenuti nelle Metamorfosi di Ovidio, Venere e Adone è certamente uno dei miti più sorprendenti; poiché nella vicenda di Adone che muore nel bosco durante la caccia a un cinghiale, una morte contro cui nemmeno Venere stessa può nulla, è rivelato che anche gli Dei in tanti casi possono solo arrendersi al cambiamento.

Afferma Latini: «Lo si potrebbe percepire come un “mito della primavera”, il mito della rinascita. Venere e Adone è la storia di ferite mortali, di baci sconfitti che non sanno, non riescono a farsi corazza, difesa. Anche Amore non può nulla. Anche Amore è incapace; è sfinito, è logoro, è vecchio. Sconfitto. Eppure, cadendo, fa un volo infinito».

Un volo infinito che si traduce anche in una carrellata di riferimenti in scena: da Shakespeare a Tiziano, da Rubens a Canova, dai Carracci a Ovidio, attraversando il mito nell’arte della parola e dell’immagine, accompagnati dalla sapiente arte teatrale di Latini. E in questo viaggio nel mito, fatto di un respiro-fotogramma, solo, fermato, definito, come a impedire che il racconto si possa compiere nel finale ormai noto, forse la speranza è che si possa vincere il destino dando all’Arte il compito di sfidare il tempo e trattenerlo. E di sospenderci nella tenerezza.

nota bio

Roberto Latini. Attore, autore e regista. Nato nel 1970 a Roma, dove si diploma allo Studio di Recitazione e di Ricerca teatrale “Il Mulino di Fiora” diretto da Perla Peragallo. Fondatore delle compagnie Teatro Es, Clessidra Teatro e Fortebraccio Teatro, quest’ultima attiva dal 1997 al 2018. Ha diretto il Teatro San Martino di Bologna (2007-12). Negli anni, alle produzioni della propria compagnia affianca partecipazioni singole da attore svolte in dialogo con registi come Federico Tiezzi, Antonio Latella, Fabrizio Arcuri, Mario Martone, Aleksandar Popovski, Sandro Lombardi. Tra gli ultimi riconoscimenti: premio Sipario 2011 per Noosfera Lucignolo; premio Ubu 2014 come miglior attore per il ruolo di Arlecchino ne Il servitore di due padroni, regia di Antonio Latella, premio della Critica ANCT nel 2015 per I giganti della montagna, premio Ubu 2017 come miglior attore per Cantico dei cantici, premio Le Maschere del Teatro Italiano 2021 come miglior spettacolo per Mangiafoco. I suoi titoli più recenti: Venere e Adone siamo della stessa mancanza di cui son fatti i sogni da Shakespeare (2022), L’armata Brancaleone da un’opera di Monicelli, Age, Scarpelli (2021), Mangiafoco (2019), In exitu di Giovanni Testori (2019). Attualmente è parte della Compagnia Lombardi-Tiezzi.

parliamone | dopo lo spettacolo, la Compagnia incontra il pubblico. 

Il progetto Periferie – tredicesima edizione – è realizzato dal Crest. Con il sostegno di Regione Puglia e Provincia di Taranto.

 

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  Crest News | redazione web