Michela Marzano, poi l’Erodiade di Tamborrino
«L’amore che siamo e che ci portiamo addosso». Giovedì 17 ottobre, al TATÀ di via Deledda, al quartiere Tamburi di Taranto, doppio appuntamento “… intorno all’amore”: ore 19.45, Michela Marzano presenta il suo nuovo saggio-memoir “L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore”; ore 21.45, Giovanni Tamborrino esegue l’opera senza canto “Erodiade, la violenza dell’amore che vuole”, da Giovanni Testori, disegno registico Francesco Tammacco, in scena Anna Carbotti (Erodiade), Chiara Perrone (danza), Elisabetta Fusillo (pianoforte e percussioni), Giuseppe Dante Tamborrino (live electronics), Coro di donne (Nicla Russo, Maria Tucci, Miriana Moschetti). La serata è promossa da Regione Puglia, Consigliera di Parità della Provincia di Taranto, Presidio del Libro/Il Granaio di Taranto e Crest. Ingresso libero. Info: 099 4707948.
«Ognuno di noi si porta dentro un segreto, e passa la vita a girarci intorno. Talvolta se ne parla. Talvolta lo si sfoggia. Talvolta lo si nega. Eppure è sempre quel segreto che spiega poi quello che si vive… l’amore, in fondo, è quel segreto che ci portiamo dentro». L’amore – desiderato, sognato, quotidiano, familiare, romantico, fisico, perduto, tradito – è al centro del nuovo libro di Michela Marzano, in cui la filosofa, la scrittrice e la donna si combinano in una sola voce per trarre dall’esperienza individuale sentimenti e scenari universali. Un racconto che inizia con l’amore visto dai suoi occhi di bambina, e poi di donna sempre troppo romantica, ma anche di amante capace di non farsi troppe illusioni, fino all’incontro – una sera, per caso, per gioco – con Jacques. E attraverso di lui comprende l’amore quotidiano, reale, quello che ci permette di vivere. E ci permette di tornare agli altri amori: al padre e alla madre, agli amici, e anche, intrecciando affetti e ricordi, a chi non è più con noi. In un percorso che abbraccia passato e presente, Michela Marzano rievoca, osserva, interroga, chiamando a volte in causa altri autorevoli compagni di viaggio, filosofi, scrittori, sociologi, psicoanalisti, per esplorare l’essenza segreta dell’amore. Edito da Utet, il saggio-memoir è in libreria dallo scorso 29 agosto.
Michela Marzano (Roma, 1970) ha studiato alla Scuola Normale Superiore di Pisa e conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia. È autrice di numerosi saggi e articoli di filosofia morale e politica, Con Mondadori ha pubblicato “Estensione del dominio della manipolazione” (2009), “Sii bella e stai zitta” (2010), “Volevo essere una farfalla” (2011), “Avere fiducia” (2012). Attualmente è direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali (SHS – Sorbona) e professore ordinario all’Université Paris Descartes, dirige una collana di saggi filosofici e collabora con “la Repubblica”. Da febbraio 2013 è deputata del Parlamento italiano.
Con “Erodiade” Giovanni Tamborrino, che celebra Testori nel ventennale della scomparsa, tocca il tema della violenza sulle donne: «È un’emergenza sociale perché non c’è giorno in cui non sentiamo notizia di una donna uccisa, malmenata, stuprata. Siamo di fronte alla violenza dell’amore che vuole a tutti i costi, dell’amore possessivo, egoista, ormai responsabile di un genocidio che pare inarrestabile». Ed è con un paradosso che il compositore pugliese (Premio Abbiati 2012) sceglie di affrontare l’argomento, mettendo in musica la storia di Erodiade, non solo vittima, in quanto suicida nel monologo che Testori scrisse nel 1967 ispirandosi alla “Salomé” di Oscar Wilde, cui si era rifatto anche Richard Strauss per l’omonima opera lirica. Erodiade è, infatti, carnefice di Giovanni Battista, l’uomo dal quale è stata respinta e che, una volta rifiutata, ha fatto decapitare. Il dramma musicale di Giovanni Tamborrino ha debuttato lo scorso 17 agosto, al Palazzo Marchesale di Laterza, nell’ambito della rassegna “Sipario a Corte”.
Tra le voci più originali della scena musicale contemporanea, Giovanni Tamborrino (Laterza, 1953) ha sempre avuto un rapporto “critico” con la tradizione melodrammatica, che ha superato con l’opera senza canto, forma di teatro musicale che, rifacendosi all’antica tragedia greca e alla lezione di Carmelo Bene, recupera l’uso drammatico della voce naturale all’interno di un originale sistema timbrico. Le sue creazioni sono, infatti, il risultato di una fusione del teatro musicale con quello di prosa. Ma il prodotto non è né teatro di prosa con musica e nemmeno teatro musicale in prosa. È piuttosto un “terzo teatro” che indaga l’aspetto fonetico della parola e del testo con l’intento di sviluppare una materialità vocale archetipica derivante timbricamente da oggetti d’uso comune.