Il Pinocchio di Davide Iodice, un anarchico della diversità

Sabato 30 novembre, alle 21, per «Periferie» del Crest al TaTÀ di Taranto

Con i ragazzi della Scuola Elementare del Teatro candidata ai prossimi Premi Ubu
Alle 19 incontro nel foyer col regista napoletano per discutere tra «palco e realtà»

Ispirandosi alla popolare figura del burattino di legno nato dalla penna di Collodi, il pluripremiato regista e drammaturgo napoletano Davide Iodice indaga il tema della diversità e delle fragilità adolescenziali con «Pinocchio. Che cos’è una persona?», spettacolo in scena sabato 30 novembre, alle ore 21, all’auditorium TaTÀ di Taranto per la stagione «Periferie» del Crest sostenuta dalla Regione Puglia. Protagonista è un gruppo comprendente ragazze e ragazzi portatori di disabilità, i loro genitori e amici, coinvolti in un progetto pedagogico da undici anni al centro delle attività della Scuola Elementare del Teatro – Conservatorio Popolare per le Arti della Scena, per questo suo impegno candidato nella sezione «premi speciali» ai prossimi Ubu, gli Oscar del teatro italiano per i quali la cerimonia di consegna è in programma lunedì 16 dicembre a Bologna.

Tra l’altro, Davide Iodice incontrerà il pubblico al termine dello spettacolo, intervistato dalla giornalista Marina Luzzi, ma anche prima della rappresentazione, alle ore 19, quando animerà il primo incontro di «Parliamone insieme a voce», uno spazio di riflessione tra «palco e realtà» che si apre intorno al tema «L’arte utile». Iodice parlerà del suo teatro pedagogico, capace di creare un ascolto autentico. Durante l’incontro, condotto dal dottor Domenico Casciano, specialista in terapia familiare e relazionale, l’artista napoletano animerà un ragionamento sul rapporto disabilità-teatro partendo proprio dal suo «Pinocchio», lavoro nel quale la diversità e la fragilità sono incarnati dal celebre burattino di legno, che papà Geppetto vorrebbe rendere un bambino uguale a tutti gli altri. Lo spettacolo diventa pertanto occasione per discutere del concetto di normalità, condizione che Iodice considera il «diritto di chiunque ad avere momenti di felicità, espressione e condivisione».

Il Pinocchio di Iodice svela, infatti, come sia possibile ridefinire l’identità individuale e di gruppo “attraverso il potere dell’arte”, uno dei motivi che guidano, con intelligenza, sensibilità e tenacia, la Scuola Elementare del Teatro, realtà attraverso la quale ragazzi con diverse forme di fragilità, insieme con genitori, amici e adulti, hanno imparato a mettersi in gioco cogliendo il potere di trasformazione del teatro e il piacere di stare sulla scena insieme.

«Il lavoro di ridefinizione delle identità attraverso lo strumento dell’arte, la centralità della persona e delle sue fragilità – spiega Iodice – sono i principi alla base della pedagogia della Scuola Elementare del Teatro. E più volte in questi anni la figura del burattino Pinocchio ci è stato di ispirazione. Da sempre ci siamo rivolti a lui come a un fratello simbolico dei ragazzi con sindrome di Down o di autismo, o Williams, o Asperger che compongono l’articolato gruppo di lavoro. Pinocchio e l’intera compagine simbolica della favola sembrano incarnare tutte le caratteristiche di un’adolescenza incomprensibile e incompresa, nel cui tormento si specchia una società di adulti in rovina. Pinocchio è il diverso, è tutti i diversi, con la loro carica anarchica e dirompente».

Nello spettacolo Iodice pone la questione del rapporto con la genitorialità partendo dal momento in cui Pinocchio ritrova suo padre nella pancia della balena e gli pone la questione di “cosa accadrà” quando la candela si spegnerà e rimarranno al buio. Una domanda alla quale troverà una risposta lo stesso Pinocchio, un ragazzo “extra-ordinario”, fuori dall’ordinario, che papà Geppetto vorrebbe rendere a tutti i costi «normale». «E noi che lavoriamo con la diversità e la fragilità, sappiamo – spiega Iodice – come il concetto di normalità sia molto malinteso e pericoloso. Per cui ho sentito l’esigenza, dopo anni, di fare un vero e proprio manifesto per e sulla disabilità».

Info e prenotazioni 333.2694897. Biglietti acquistabili anche online su Vivaticket.

addetto stampa
Francesco Mazzotta
328.6296956

  

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L’arte utile incontro a più voci intorno al rapporto disabilità/teatro

Tanta parte del lavoro del teatro non risponde alla richiesta di divertire il pubblico, ma si riconosce in una forte funzione sociale ed educativa.

Il teatro è un luogo privo del giudizio degli altri. È luogo di libertà espressiva che permette a bambini e adulti di riconoscere una propria identità e nello stesso tempo riconoscere la propria unicità. L’esperienza di laboratorio teatrale consente di realizzare l’unità tra i componenti di un gruppo preservando l’identità differenziata di ciascuno, attraverso la cultura del non-giudizio e del rispetto dell’altro e dei diversi tempi e modi di agire, pensare ed essere. I benefici che il teatro produce sullo sviluppo cognitivo, emotivo, sociale e linguistico riguardano tutti i ragazzi. Anzi, di più i ragazzi ‘straordinari’ – come preferisce dire Davide Iodice –, nel senso di extra-ordinario, cioè fuori dall’ordinario, che imparano a riconoscere e accettare la propria identità, unicità e le proprie emozioni. Garantire alla disabilità il diritto ad avere momenti di felicità, di espressione, di condivisione non spetta solo alla famiglia, ma anche alla società, alla comunità e a chi si occupa di assistenza. Il nostro incontro desidera essere una utile occasione per provare a fare rete tra i diversi interlocutori – pubblici e privati – al fine di migliorare e rendere più efficace l’investimento delle risorse umane e finanziarie disponibili per la migliore gestione delle disabilità.

L’ARTE UTILE
incontro a più voci intorno al rapporto disabilità/teatro

a margine dello spettacolo “PINOCCHIO che cos’è una persona?” di Davide Iodice
conduce il dott. Domenico Casciano

sabato 30 novembre ore 19:00

  

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Disabilità, precarietà e drammaturgia: tre incontri «tra palco e realtà»

Al TaTÀ di Taranto uno spazio di riflessione per gli spettacoli di «Periferie»

Tra gli ospiti, la sociologa e saggista Francesca Coin (premio Leogrande 2024)
e gli artisti Davide Iodice e Mariano Dammacco (candidati ai premi Ubu 2024)

Disabilità, precarietà e arte della drammaturgia: tre temi tra palco e realtà sui quali la compagnia teatrale Crest di Taranto accenderà i riflettori nello spazio di riflessione «Parliamone insieme a voce», due incontri e un laboratorio con esperti del settore a margine di tre spettacoli della rassegna «Periferie» in corso nell’auditorium TaTÀ.

Il primo, intitolato «L’arte utile», è in programma sabato 30 novembre (ore 19) prima della rappresentazione di «Pinocchio. Che cos’è una persona?» di Davide Iodice, noto per il suo teatro pedagogico al servizio delle persone, pertanto capace di creare un ascolto autentico. In un incontro a più voci condotto dal dottor Domenico Casciano, specialista in terapia familiare e relazionale, il pluripremiato drammaturgo e regista napoletano animerà un ragionamento intorno al rapporto disabilità-teatro partendo proprio dal suo «Pinocchio», lavoro nel quale la diversità e la fragilità sono incarnati dal celebre burattino di legno, che papà Geppetto vorrebbe rendere un bambino uguale a tutti gli altri. Lo spettacolo diventa pertanto occasione per discutere del concetto di normalità, condizione che Iodice considera il «diritto di chiunque ad avere momenti di felicità, espressione e condivisione».

Si parlerà, invece, di precarietà nel mondo dello spettacolo nell’incontro «Il lavoro dei felici pochi e dei poveri tanti per la cultura» che sabato 14 dicembre (ore 19) farà da preludio alla messa in scena della nuova produzione del Crest «A me m’ha rovinato la guera» realizzata in coproduzione con l’associazione Culturale Malalingua, un racconto sulla «fame dell’attore», figura precaria per natura. Condotto da Miriam Putignano del Presidio del libro di Taranto «Rosa Pristina», in collaborazione con il quale l’incontro viene realizzato, l’appuntamento prevede un confronto tra il segretario provinciale della Cgil, Giovanni D’Arcangelo, con la saggista Francesca Coin, attualmente docente di sociologia in Svizzera e autrice per Einaudi del libro «Le grandi dimissioni» sul fenomeno dei congedi spontanei, utilizzato come lente d’ingrandimento sul mercato del lavoro a livello globale. Un libro per il quale l’autrice quest’anno è stata insignita a Taranto del premio intitolato ad Alessandro Leogrande.

Il 10 e 11 gennaio chiuderà il trittico di appuntamenti un laboratorio di drammaturgia di Mariano Dammacco, regista e drammaturgo barese che l’11 gennaio presenterà per la stagione «Periferie» lo spettacolo «La morte ovvero il pranzo della domenica» con Serena Balivo, un lavoro prodotto dalla Compagnia Diaghilev e dedicato a un tema tabù della nostra cultura (la morte, per l’appunto) che ha ricevuto una nomination ai prossimi premi Ubu, gli Oscar del teatro in Italia, dove concorrerà nella categoria «nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica». Il laboratorio s’intitolerà «Telepatia e Matematica» in riferimento a due aspetti fondamentali del lavoro di chi scrive per la scena, perché coinvolgere emotivamente lo spettacolo rimanda a capacità telepatiche, così come la conoscenza di regole e tecniche della drammaturgia alla matematica. Il laboratorio sarà gratuito e destinato a un massimo di 15 partecipanti, con termine per la richiesta di adesione entro il 3 gennaio.

Info: 333.2694897.

addetto stampa
Francesco Mazzotta
328.6296956

  

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«La favola di Peter», un gioco di ombre dentro uno spettacolo onirico e ironico

Domenica 17 novembre per «Favole & Tamburi» del Crest al TaTÀ di Taranto

Con il mago dell’antica arte cinese Silvio Gioia. Produzione di Principio Attivo

È liberamente ispirato al romanzo del 1814 «Storia straordinaria di Peter Schlemihl» del poeta e botanico tedesco Adelbert von Chamisso lo spettacolo di ombre «La favola di Peter» che Principio Attivo Teatro presenta domenica 17 novembre (ore 18) per la stagione «Favole & Tamburi» della compagnia Crest all’auditorium TaTÀ di Taranto. D’altronde, di un uomo e della sua ombra parlano il libro e lo spettacolo scritto e diretto da Giuseppe Semeraro, affidato a un mago dell’antica arte cinese, Silvio Gioia, sulle musiche originali di Alessandro Pipino.  

Silvio Gioia e la sua ombra, proiettata su uno sfondo bianco, giocano con un linguaggio visivo onirico, poetico e ironico. E mentre interagiscono sulla scena, creano numerosi personaggi e mondi immaginari per raccontare la storia di Peter e della sua anima gemella: l’ombra, per l’appunto. Sono «venuti alla luce» assieme, sono cresciuti assieme e hanno giocato assieme. E quando Peter muove l’ombra, l’ombra ha sempre idee meravigliose da offrirgli. Ma poi Peter cresce, fa le cose che fanno i grandi e non ha più tempo di giocare. Mentre l’ombra resta lì, dietro di lui, in attesa di essere guardata di nuovo. Finché un giorno si separano in quel libero gioco d’immaginazione che accompagna il romanzo di Chamisso, impegnato a raccontare nel suo capolavoro letterario l’eterno dilemma tra purezza e corruzione, piacere e dovere, colpa e desiderio di innocenza, in un mondo in cui tutto si aliena e si compra, al punto che il povero Peter decide di vendere la propria ombra al diavolo in cambio della ricchezza. L’ombra che è l’arcano dal quale trae forza vitale questo racconto fantastico.

Inizio spettacolo ore 18. Biglietti 7 euro (6 euro per nuclei familiari di almeno quattro persone). Info e prenotazioni 333.2694897.

addetto stampa
Francesco Mazzotta
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